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«Un ponte non si spezza quando il carico che sostiene eccede la solidità media delle sue campate, ma assai prima – sostiene il sociologo Zygmunt Baumann –  nell’attimo stesso in cui il peso del carico supera la capacità di portata di una sola di esse: quella più debole. […] A prescindere dalla solidità delle altre campate e degli altri piloni, è l’elemento più debole che determina il destino dell’intero ponte».
Perché il ponte non crolli dovremo essere capaci di ripartire da chi sta peggio, da chi è povero o si sta impoverendo.

La Regione dovrà essere capace di rimettere in piedi il sistema di welfare devastato da quattro anni della Giunta Cota. Da un lato si dovranno ripristinare i servizi essenziali e tradizionali che sono stati falcidiati dai tagli e dall’altro sarà necessario promuovere un nuovo modo di intendere il lavoro sociale che tenga conto dei cambiamenti che attraversano la nostra società.

I bambini, gli anziani, gli ammalati e tutti coloro che vivono situazioni di disagio o difficoltà dovranno essere al centro delle politiche regionali. Non possiamo accettare la deriva culturale per cui l’esercizio dei diritti sia subordinato alla disponibilità di risorse: questo fa si che questi, i diritti, si trasformino in privilegi.

Sarà necessario intervenire su almeno tre aspetti:

  1. il dimesionamento dei consorzi socio-assistenziali: essi dovranno essere rappresentativi di territori mediamente grandi e con caratteristiche omogenee. Il “piccolo” oggi non è più in grado di sostenere i servizi necessari.
  2. l’uguaglianza di accesso ai servizi socio-assistenziali. Attualmente le differenze di contribuzione individuale al servizio e di accesso al servizio stesso sono eccessive. La Regione dovrà ripristinare la propria funzione di programmazione e coordinamento al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza a parità di condizioni di accesso e di costo su tutto il territorio.
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