Sono felice di essere qui con voi, di respirare questa energia, di chi non si arrende, di chi vuole giocare da protagonista della storia e non da spettatore. Grazie a Brando per aver messo in piedi questa occasione di confronto e a tutti coloro che ci hanno lavorato.
Correttamente oggi si parla della necessità di rinnovare la proposta e la classe dirigente. Certo, sono d’accordo, ma vorrei soffermarmi su un altro aspetto che di solito viene lasciato fuori dalla discussione comune. Per provare a illustrarlo partirò da uno dei padri della sinistra italiana, il compagno Alfredo Reichlin. Diceva: “La sinistra il popolo non l’ha trovato, ma l’ha cercato e costruito“. Guardate, vorrei che ci soffermassimo su questo passaggio. Non è che quando i primi socialisti arrivavano nelle fabbriche trovavano un popolo che li aspettava a braccia aperte. E’ stato un percorso lungo, ma c’era progettualità, c’era la consapevolezza di arrivare a quell’obiettivo: alfabetizzare, coscientizzare. La finalità non sono le elezioni o il governo, ma il cambiamento della società sulla base di valori e di una visione.
Noi partiamo da un presupposto, che è errato. Un presupposto illuminista secondo cui la faccenda è tutta razionale. Basta avere l’idea giusta. Nel momento in cui io/noi ce l’abbiamo, allora le persone ci voteranno. E allora ci siamo detti “gli operai, i poveri, chi abita nelle periferie non ci voteranno più perché siamo andati a destra. Dobbiamo tornare a essere di sinistra”.
Certo, è vero, ma rimuoviamo un aspetto centrale.
Noi oggi dobbiamo mettere al centro dei nostri ragionamenti sul futuro e sul rinnovamento del PD un dato di fatto: la nostra società, per tanti motivi, è andata a destra e le persone si riconoscono sempre di più in valori e modelli che non sono i nostri. Penso all’Italia, ma al mondo intero. La democrazia, il fatto che ci sia qualcuno che abbia delle idee progressiste, non è sufficiente perché queste siano condivise.
Nella campagna elettorale c’era un nostro slogan “Vincono le idee”. Non è vero! Vincono le idee CONDIVISE. La sfida è passare da una proposta accademica buona per gli studenti e i laureati a una politica liberatrice che diventi movimento storico. Questo deve diventare un tema di discussione e un campo di progettazione. Dobbiamo tornare a fare PEDAGOGIA POLITICA, senza scimmiottare il passato, ma interrogandoci seriamente su che cosa significhi farlo oggi, nel 2022, in questo mondo particolare, con la guerra, la crisi energetica, il cambiamento climatico. Non c’è un popolo che aspetta le nostre proposte. Il popolo di sinistra va cercato e ricostruito.
Per farlo dobbiamo fare tante cose, ne citerò solo due per brevità:
- Dobbiamo fare pace con le emozioni. Capire che come in ogni processo di apprendimento, anche i processi di cambiamento passano dal campo emotivo. La destra questo lo ha capito benissimo. Sa cavalcare le emozioni negative per dividere, per scaricare sui capri espiatori tutte le mancanze della società. E noi? Come affrontiamo la rabbia, la disperazione, l’angoscia rispetto a un futuro sempre più incerto?
- Dobbiamo tornare a proporre un sogno, una prospettiva più grande. Sappiamo che in altre epoche storiche i movimenti storici da cui arriviamo hanno mosso persone con problemi materiali anche più grossi di quelli che viviamo adesso. La storia ci insegna che quando c’è il sogno condiviso, una prospettiva ampia, le persone acquistano la fiducia, la capacità di guardare avanti e allora, anche le condizioni materiali più disperate smettono di essere un ostacolo. Le persone si sono attivate lo stesso perché le abbiamo convinte che quel progetto avrebbe migliorato la loro vita, quella della loro famiglia, del loro gruppo di appartenenza. Hanno creato una coscienza di classe. Noi oggi l’abbiamo dimenticato, mentre la destra lo ha capito e lo ha capito a livello internazionale. Non ce la caveremo con la prosa. Servirà la poesia. Qualcosa di più grande che metta in moto le persone, che parli agli aspetti più profondi dell’essere umano; abbiamo bisogno di trovare il modo di uscire da noi stessi e di far sì che le tante persone rannicchiate e ripiegate, preoccupate a sopravvivere facciano lo stesso, tornando a vivere, proiettati in avanti. Questo non accadrà se noi continuiamo a essere quelli che spiegano la lezione. Dobbiamo fare questo consapevoli del fatto che siamo in un deserto della partecipazione. La partecipazione stanca e in questo momento storico dobbiamo tornare a fare in modo che i nostri partiti, i nostri circoli, siano partecipati.
Per anni ci hanno detto che l’ideologia è finita, ma io credo che chi dice questo accetti l’ideologia dominante. E a noi l’ideologia dominante non piace! Perché è vero che ci siamo persi in questi anni su come interpretare il mondo. Io non ho dubbi su quali occhiali dobbiamo indossare per leggere bene il mondo attuale. Devono avere due lenti: una è quella del socialismo. L’altra quella dell’ecologia.
Socialismo significa maggiore uguaglianza, redistribuzione della ricchezza (in questo partito non si riesce a dire la parola “patrimoniale”), tassazione progressiva e straordinaria per le grandi multinazionali e i grandi patrimoni. Significa sanità e scuola pubblica di qualità.
Ecologia non significa solo ambientalismo. Significa essere coscienti che viviamo nell’era planetaria. La Terra è la nostra unica patria e quindi sì la custodiamo, e che non esiste futuro per l’uomo senza futuro per la Terra, ma significa anche che la nostra azione deve andare oltre i confini nazionali. I problemi sono transnazionali e tali devono essere le nostre proposte e la nostra organizzazione. Da questo punto di vista il livello europeo è il minimo sindacale.
Non ho ricette o risposte, ma so che se non affrontiamo seriamente queste domande non ci sarà rifondazione possibile.
Se troveremo il modo di entrare anche su questo terreno di gioco, allora capiremo anche che le elezioni non si vincono con le campagne elettorali, ma con quello che succede tra una campagna e l’altra. Anche questo la destra l’ha capita meglio di noi. Costruisce campagne di opinione pubblica, genera consenso su alcuni temi/battaglie, così che quando arriva lo slogan della campagna elettorale questo funziona come il coltello con il burro. La destra si è organizzata a livello internazionale, con think tank, investimenti in denaro, formazione della classe dirigente (pensate solo a un personaggio come Bannon!). La sinistra è maledettamente indietro su questo aspetto (e non ho lo spazio qui per entrare sul tema del finanziamento delle forze politiche. Noi stessi ci siamo suicidati! Servirebbe il coraggio di tornare a parlare seriamente del finanziamento pubblico ai partiti e alla democrazia. Altrimenti sempre di più saremo nelle mani dei grandi finanziatori). L’immagine che mi viene in mente è questa: dobbiamo passare da inseguire i cittadini a spingerli, indirizzarli, camminando insieme. Gli altri stanno spingendo. Noi inseguiamo. Se non capiamo questo rischia di essere inutile tutto il resto, che pure dobbiamo fare.
Avanti allora! Coraggio. Smettiamo di inseguire, facciamo in modo che il PD indossi gli occhiali giusti, diventi davvero una guida per il nostro Paese.