Ritardi evitabili, segnalazioni ignorate e la continua confusione dei ruoli di comando hanno reso l’epidemia di Covid19 un vero e proprio inferno per il Piemonte.
Certo, nessuna Regione al mondo era pronta ad una situazione del genere, ma, come dimostra la nostra relazione, il Piemonte ha perso alcune partite decisive e le abbiamo pagate care: la lentezza mai recuperata sui tamponi; le gravi carenze di DPI a causa delle disposizioni contradditorie sugli acquisti alle Aziende sanitarie; le mancate assunzioni nel corso dell’estate del 2020; l’assenza di un piano per il recupero delle liste d’attesa; la rimozione e poi la grave sottovalutazione della fragilità delle RSA nel corso della prima ondata; i ritardi dei posti letto aggiuntivi e l’allestimento tardivo delle strutture straordinarie come OGR e Valentino.
In questo caos continuo ci siamo trovati a rincorrere le altre Regioni in una gestione affaticata e lenta delle emergenze. Le responsabilità non sono mai state chiarite dalla Giunta Regionale e anzi spesso scaricate maldestramente su chiunque passasse: a volte su elementi dell’unità di crisi, altre volte su gruppi di esperti o di lavoro, su cariche consulenziali o organismi dalle competenze non ben definite, fino ad arrivare addirittura alle polemiche con i lavoratori del settore sanitario che invece stavano affrontando tutte le emergenze in prima persona.
Tutte queste considerazioni sono frutto di uno studio approfondito di dati, comunicazioni e procedimenti istituzionali che la Regione ha emanato durante tutta l’emergenza sanitaria. Il documento raccoglie quindi tutte le lacune nella gestione della pandemia, ma secondo noi deve anche e soprattutto essere il punto di partenza per riconoscere le criticità e migliorare il sistema sanitario regionale piemontese.
Per questo, guardando alle sfide del futuro, la nostra preoccupazione riguarda:
1) lo stato attuale dell’assistenza che si garantisce ai pazienti non affetti da coronavirus, la necessità di misurare e individuare le criticità nell’accesso alle prestazioni sanitarie e di recuperare i ritardi sulle liste d’attesa. Non basterà però soffermarsi sui tempi d’attesa per le singole prestazioni: è da mettere infatti in conto un lavoro di recupero al Servizio Sanitario Nazionale dell’utenza, specie quella più fragile, migrata verso il settore privato per l’impossibilità, in questi mesi, di fruire del SSN. Non si tratta semplicisticamente di persone che “se lo potevano permettere”, ma spesso e volentieri di persone che non avevano alternative per tutelare il proprio diritto alla salute, che hanno affrontato sacrifici importanti perché il sistema era nell’impossibilità di garantire loro un diritto costituzionalmente riconosciuto. La sostituzione dei pensionamenti con i tempi determinati finanziati in via straordinaria per l’emergenza, lascia ora una dotazione organica più povera di quella che ha affrontato la pandemia.
2) La sempre più urgente discussione di un nuovo piano sociosanitario per la nostra regione che, dall’ingresso in piano di rientro, non ha più rinnovato questo strumento di programmazione, con particolare attenzione al potenziamento dei servizi territoriali e rivolti alle cronicità.
3) l’appuntamento con le risorse del PNRR, che ha una valenza decisiva: si tratta di garantire una presenza nuova sul territorio di strutture, case e ospedali di comunità, che non può risolversi in operazioni nominalistiche sui servizi esistenti, ma deve garantire una vera implementazione dei servizi
4) La relazione “complicata” tra il presidente Cirio il suo assessore alla Sanità. L’assessore gode ancora della fiducia del presidente? Il centro decisionale per le prossime partite tornerà da piazza Castello a corso Regina, o continueremo ad assistere a questo doppio binario? Quando e con chi discuteremo di PNRR, nuovo piano sociosanitario, nuove assunzioni e recupero delle liste d’attesa?
Daniele Valle – coordinatore gruppo indagine Covid19
Domenico Rossi – vicepres. Commissione sanità