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Per vincere il Coronavirus occorre guardare in faccia criticità e problemi

L’emergenza che stiamo vivendo ci chiede di stare lontani dalla polemica. Sembra l’abbiano capito tutti tranne la Lega che invoca unità dove governa (nelle Regioni) e attacca strumentalmente dove è all’opposizione (livello nazionale). Il solito atteggiamento da furbetti, ma che in questo momento si rivela gravissimo e irresponsabile.  Per fortuna anche i cittadini se ne stanno rendendo conto.
Occorre massima coesione e unità d’intenti per affrontare una situazione d’emergenza che ci coinvolge tutti. Il Gruppo del Partito Democratico ne è cosciente e lo ha dimostrato in queste settimane, nelle commissioni, in consiglio regionale e nel lavoro svolto tutti volto a facilitare le comunicazioni tra territorio e regione. Noi continueremo a tenere un atteggiamento coerente con la gravità della situazione: collaboriamo dove possibile ed evidenziamo le criticità che rileviamo e a prendere atto delle segnalazioni che ci vengono sottoposte.
Se le ignorassimo, infatti, non assolveremmo al nostro compito che comunque ci vede impegnati con responsabilità per la soluzione dei problemi dei piemontesi. Abbiamo bisogno di mettere in evidenza le criticità in un’ottica di apprendimento del sistema: non possiamo raccontare solo le cose che funzionano, ma anche quelle che non vanno nell’ottica di superarle.

Molto bene, ad esempio, il lavoro che l’unità di crisi ha fatto su Verduno (ricordo che la Giunta Chiamparino con uno stanziamento di 26 milioni nell’aprile del 2017 ha permesso il risultato di oggi) e sulle terapie intensive in Piemonte, che ha visto raddoppiare i posti a disposizione, ma ci sono elementi su cui dobbiamo fare meglio.
Per questo motivo nel Consiglio Regionale odierno, ancora una volta tenutosi in teleconferenza, ho evidenziato alcuni elementi di criticità presenti nella gestione dell’emergenza del Piemonte che si possono suddividere in due tipologie.
La prima riguarda la scarsità di risorse come i dispositivi di protezione individuale, ventilatori, letti e quant’altro. Su questo apprezziamo gli sforzi e il lavoro svolto dall’Unità di Crisi riconoscendo che le difficoltà, pur presenti, dipendono anche da situazioni oggettive, non sempre riconducibili a chi oggi ha la responsabilità di governo.
La seconda tipologia, però, esula da motivazioni esterno e riguarda l’organizzazione degli interventi, dei vari settori coinvolti nell’emergenza e la capacità di comunicare in maniera chiara. Su questi aspetti non possiamo nascondere dei difetti di coordinamento, ritardi e inefficienze. Si stanno inseguendo gli eventi, senza mai anticiparli. Questo è comprensibile in una situazione che ha colto impreparata la Regione, ma visto che il tempo della crisi si allunga dobbiamo fare di tutto per rallentare il ritardo accumulato.

I tamponi

In base ai dati che tutte le sere la Protezione Civile mette a disposizione è evidente il ritardo del Piemonte sui tamponi. Da pochi giorni la nostra regione è nelle condizioni di effettuare un numero maggiore di tamponi: 1.420 ieri, 2.547 l’altro ieri e 1.806 tre giorni fa. Ma il confronto con la media dei quelli effettuati dalle altre regioni è impietoso Dal 9 marzo a oggi il Piemonte ha effettuato una media di 1.133 tamponi al giorno contro i 4.330 della Lombardia, 2.194 dell’Emilia-Romagna, 3.999 del Veneto, 1.337 della Toscana e 1.455 del Lazio. Tutti, insomma, hanno fatto meglio di noi. 


Questo iniziale ritardo è stato sempre giustificato richiamando le disposizioni dell’Istituto Superiore di Sanità, le stesse che osservavano tutte le regioni tranne il Veneto, ma che riuscivano a effettuare molti più tamponi. Mi sembra evidente che questa differenza dipendesse da una nostra cattiva interpretazione delle indicazioni dell’ISS e dall’incapacità di mettere in campo l’organizzazione necessaria. Quanto fatto negli ultimi tre giorni doveva essere fatto almeno 10 giorni fa: eseguire meno tamponi nella fase di espansione del contagio, infatti, ha consentito che il virus circolasse di più, ha fatto in modo che non si isolassero le persone positive e che non si accertassero i decessi con precisione. Anche per questo temo che i numeri relativi ai decessi da Covid siano drammaticamente inferiori a quelli reali. 

Il territorio e la continuità assistenziale

Oltre al tema dei tamponi ci sono carenze per quanto riguarda le politiche sanitarie sul territorio e sull’organizzazione della comunicazione tra Aziende Ospedaliere e strutture del territorio. Non c’è stato sufficiente dialogo. Non sono attive tutte le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) previste, la cui costituzione era prevista dal decreto legge dello scorso 9 marzo, che ordinava di farlo entro 10 giorni. Ma soprattutto mancano le linee guida che dicano con chiarezza come devono essere costituite, come devono funzionare, ecc… così come  mancano i protocolli di dimissione dei pazienti ospedalizzati e di monitoraggio dei positivi che vengono seguiti a domicilio.

Tantissimi pazienti con sintomi lievi potrebbero essere curati a casa o in strutture di territorio, ma il Piemonte, almeno nella prima fase, ha scelto l’ospedalizzazione come strada primaria: in questo modo gli ospedali subiscono una costante pressione e non sono quindi nelle condizioni ideali per offrire le cure più adeguate. Abbiamo scelto, purtroppo, di non suddividere gli ospedali Covid da quelli NO-Covid, ma la gestione dei reparti non ha funzionato al meglio. Anche qui sono mancate indicazioni chiare per l’organizzazione dei turni di lavoro: infermieri e medici girano tra i diversi reparti, senza separazione tra quelli Covid e non Covid. Inoltre in alcuni reparti Covid i turni sono gestiti in emergenza e in base a disponibilità volontarie, ma in questa maniera nessuno è in grado di prendere in carico il paziente. Altre Regioni Toscana ed Emilia Romagna, ad esempio, hanno investito molto di più sul territorio e l’Emilia ha anche distinto in maniera rigida tra ospedali COVID da quelli non COVID.

Le RSA / Gruppi

Molto bene l’intervento sulle RSA portato avanti da ieri. Dobbiamo dire, però, che si tratta di un’emergenza trascurata per troppi giorni. L’allarme è stato lanciato da più parti. I sindacati, la stampa, gli operatori del settore, io stesso (con il collega Mauro Salizzoni) ho scritto al Presidente Cirio e all’Assessore Icardi, ma la risposta, almeno  fino a oggi è stata insufficiente. Lo screening proposto in questi ultimi giorni (di cui va chiarita l’efficacia dei test in commercio), infatti, è solo un primo passo, ma non elimina il problema principale per le RSA: servono i tamponi, ma soprattutto indicazioni chiare, ai direttori e ai Sindaci, su come comportarsi in caso di sospetto Covid e su chi deve intervenire. Siamo contenti che da oggi si procederà anche in questo senso. Ma servono linee guida e un cronoprogramma chiaro di intervento.

Accanto alle RSA vanno inserite tutte quelle strutture dove le persone vivono insieme: penso alle comunità per disabili, per minori. Ma penso anche alle carceri: non possiamo ignorare l’appello che ci arriva dai garanti dei detenuti. Ed è grave quanto abbiamo ascoltato dall’assessore su questo punto: perché l’assistenza sanitaria in carcere è di competenza delle Regioni dal 2008. L’appello dei garanti è importante perché questo è un ambito in cui non possiamo permetterci di arrivare dopo, ma dobbiamo fare di tutto per prevenire i problemi.

La politica degli annunci

Le criticità che ho elencato vengono aggravate da una tendenza agli annunci precoci che, in una situazione di emergenza, è deleteria: aumenta le aspettative rispetto alle soluzioni dei problemi reali, alle quali, però, se non seguono risposte in linea con l’annuncio, segue un senso di frustrazione e di abbandono. Due esempi: le mascherine della Miroglio avrebbero dovuto risolvere il problema delle mascherine chirurgiche per poi accorgerci, dopo l’annuncio, che non potevano essere considerate dispositivi medici. Oppure il caso dei tamponi per gli operatori sanitari: lo scorso 17 marzo è stato annunciato un piano tamponi per gli operatori sanitari; le linee guida sono state trasmesse solo il 28 marzo e, al momento, non esiste un piano operativo, ovvero non è noto dove e quando verranno effettuati i test. Intanto, però, il lavoro continua ad aumentare e anche l’esposizione al rischio. Non possiamo creare aspettative a cui non seguono le azioni conseguenti. E’ una questione di rispetto nei confronti di una delle categorie professionali più esposte in questi giorni.

Migliorare la comunicazione con il Consiglio

Serve un luogo dove poter avere risposte e dare indicazioni, che non può essere quello della commissione sanità di giovedì scorso, dove l’assessore Caucino non aveva risposte su nessun argomento relativo all’unità di crisi. Chi viene a rappresentare la Giunta deve avere risposte e un mandato per raccogliere indicazioni che non devono finire nel nulla.
In Emilia Romagna la conferenza dei capigruppo si ritrova ogni tre giorni alla presenza del Presidente o di un suo delegato.
Il Presidente Cirio identifichi una persona con il compito di fare da raccordo con il consiglio, ma che abbia una delega precisa a raccogliere segnalazioni e a dare risposte. 

Per il futuro

Sul dopo crisi dico solamente che prima del “futuro” ci sarà un lungo periodo “intermedio” tra l’esplosione dell’epidemia e il suo superamento. E’ un tempo in cui a pagare il prezzo più alto saranno i più fragili, meno attrezzati per sopportare lo stress del sistema sia a livello individuale che a livello di famiglie o gruppi. Servono risorse materiali immediate (Regione Lazio ha investito 19 milioni aggiuntivi a quelli del governo), ma anche risorse sociali e riattivazione di tutti i servizi dedicati ai più fragili con tutte le attenzioni sanitarie richieste dall’emergenza in corso.

In questo contesto permettetemi un riferimento particolare alle diseguaglianze anche in ambito scolastico, dove i più deboli sono quelli che restano più indietro. Per la Formazione Professionale, di competenza regionale, ho chiesto che si convochi una  commissione specifica.

Per il futuro abbiamo perso un’opportunità con un bilancio (approvato martedì scorso) che poteva occuparsi di più di questa emergenza… Io dico solo, con buona pace dei sovranisti, che il mondo si rivela sempre più interconnesso e interdipendente: solo con uno sguardo ampio e solidale potremo affrontare i problemi e le sfide dei prossimi anni.

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