Buongiorno Presidente,
oggi cominciamo la discussione di un provvedimento importantissimo perché affronta un tema molto sentito dai nostri cittadini.
Il testo che arriva qui oggi si occupa di bullismo e cyber-bullismo, è figlio di due provvedimenti (la PDL 240 di cui sono primo firmatario e la PDL 269 di iniziativa dei componenti dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale che hanno inteso adottare il progetto di legge predisposto dagli alunni della classe II G dell’Istituto professionale statale “V. Mucci” di Bra (CN) nel corso dell’iniziativa “Ragazzi in Aula”) e ha visto al lavoro la IV e VI commissione in lavoro congiunto, con la costituzione di un gruppo di lavoro che ha visto la partecipazione anche di rappresentanti della Giunta (colgo l’occasione per ringraziare tutto il personale che ha collaborato).
Quando nel marzo del 2017 presentammo la proposta di legge ancora il Parlamento non aveva legiferato in materia, cosa che poi ha fatto nel luglio del 2017 con l’importantissima legge n.71/2017 (prima in Europa sul tema) che già sta dando i suoi frutti e che fonda le sue radici proprio nel novarese. Perché novarese è la senatrice Ferrara, prima firmataria del provvedimento nazionale, ma soprattutto perché a Novara abbiamo vissuto due tra le tragedie più gravi che in questi anni ci hanno svelato l’importanza dei temi che oggi qui trattiamo.
Mi riferisco a due giovani vite, scomparse per gli effetti negativi che il mondo della rete ha portato nella nostra società e che non avevamo previsto o avevamo sottovalutato: Tommaso (nel 2009) e Carolina (nel 2013). Da entrambe queste tragedie sono nati dei percorsi “positivi” con l’obiettivo di evitare altre tragedie. Percorsi educativi nelle scuole, ma anche percorsi normativi. Possiamo dire che la legge nazionale, ma anche questa nostra legge regionale affonda le sue radici nella tragedia che vide la giovane Carolina Picchio a soli 14 anni togliersi la vita, 5 anni fa, perché non più in grado di reggere al peso di ciò che le stava accadendo, vittima di cyber-bullismo. Carolina non andò via in silenzio. Lasciò un lungo messaggio. Nel suo commiato a un certo punto dice: “le parole fanno più male delle botte”. Perché le parole ci entrano dentro e continuano a parlarci, rivolgendosi alla parte più intima e più fragile di noi stessi. Perché nella rete le parole si moltiplicano, diventano un’eco infinita che può perseguitare. Le parole di Carolina, però, si sono trasformate in un testimone raccolto prima di tutto da suo papà “Paolo”, poi dalla senatrice Ferrara e poi dai tanti, compreso questo nostro Consiglio Regionale, che già tante attività e tante campagne ha messo in campo contro il bullismo e il cyber, dalle tante scuole, dalla Giunta.
La legge che discutiamo (e mi auguro approviamo oggi) è il coronamento di questo percorso.
Purtroppo i casi non si sono esauriti. Anzi, al contrario, vediamo molto spesso persone vittime di situazioni di violenza. Molte di queste persone si portano dietro delle ferite e dei disturbi per lungo tempo come diversi report scientifici raccontano. A tale proposito, uno studio del 2014 dei ricercatori del King’s College di Londra, pubblicato sull’American Journal of Psychiatry, condotto su un campione di persone nate nel 1958 e monitorate fino al compimento dei 50 anni, ha evidenziato che chi è stato vittima di bullismo ha, molto frequentemente, una salute sia fisica che psichica più compromessa, con un aumentato rischio di incorrere in depressione, disturbi d’ansia e suicidio. Inoltre, lo studio ha evidenziato come tali traumi vissuti nell’infanzia e nell’adolescenza possano influire negativamente anche sul livello di educazione e occupazione, nonché sulle relazioni sociali.
Alcuni, giovani e meno giovani, non reggono a tutto questo e arrivano a gesti estremi, come il suicidio. Lo abbiamo visto in Italia, in questi anni. Poche settimane fa ancora un’adolescente in Australia (Ammy Dolly Everett).
Siamo di fronte a un fenomeno antico, il bullismo, che diventa particolarmente pericoloso e insidioso nelle forme che ha assunto nell’era dell’informazione e dei social network, diventando appunto cyber-bullismo.
In ogni epoca questo è un tema che ha dovuto essere affrontato. Sempre ci sono state relazioni contraddistinte da violenza, sopraffazione di qualcuno nei confronti di altri in base alle differenze di censo, di sesso, di provenienza, di religione, ecc…
Sebbene studi condotti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico indichino come l’Italia sia uno dei Paesi dove si registra un minor numero di episodi di bullismo, le statistiche evidenziano una crescita del fenomeno.
In base al Report 2015 dell’Istat “Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi”, nel 2014 oltre il 50% degli 11-17enni ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei dodici mesi precedenti. Il 19,8% è vittima assidua di una delle tipiche azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese, invece per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale.
Con riguardo al cyberbullismo, considerando che quella attuale è la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi costituisce un’esperienza connaturata alla quotidianità, ben l’83% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni utilizza la rete internet con un telefono cellulare e il 57% naviga nel web. Tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o di internet, il 5,9% denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Le ragazze sono più di frequente vittime di cyberbullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi).
Il fenomeno antico del bullismo assume, oggi, degli aspetti inediti, rispetto al passato, per le caratteristiche dell’epoca in cui viviamo: l’epoca di internet, dei social network, della connessione perenne.
Dobbiamo prenderci qualche minuto per approfondire le peculiarità di questa nostra epoca, altrimenti non potremmo comprendere l’importanza del provvedimento in discussione oggi.
Non crediamo a chi ci dice “è solo uno strumento, dipende da come lo usi”. Mi permetta, Presidente, è una stupidaggine. Magari detta in buona fede, ma sempre una stupidaggine. La tecnologia è diventata così pervasiva che è diventata l’ambiente in cui viviamo, orienta i nostri pensieri, i nostri fini, cambia la percezione di noi stessi.
Qualcosa di simile è avvenuto di fronte ad ogni grande cambiamento tecnologico che è intervenuto a modificare l’esperienza del tempo e dello spazio, che sono le due dimensioni fondamentali dell’esperienza umana. Oggi non abbiamo tempo, ma dobbiamo dirci qualcosa almeno sulle trasformazioni dell’era dell’informazione per comprendere il fenomeno e poter sperare di fare una legge che sia utile in qualche maniera.
Oggi, un filosofo italiano che insegna a Oxford, Luciano Floridi, parla della Quarta Rivoluzione (dopo quelle di Copernico, Darwin e Freud), sostenendo che gli sviluppi nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione stiano modificando le risposte a domande fondamentali a partire da quelle sull’identità dell’essere umano. I confini tra vita online ed offline diventano così labili, viviamo in una connessione perenne, senza soluzione di continuità, in un’unica INFOSFERA globale.
“Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno producendo cambiamenti sul nostro senso del sé, sulla maniera in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri e sul come diamo forma al nostro mondo e interagiamo con esso”.
I cambiamenti sono a ogni livello. Basti pensare che oggi le guerre si vincono o si perdono anche in base alla capacità di attaccare o difendere i sistemi informativi; alle elezioni sempre più dipendenti da ciò che succede in rete (non dimentichiamo quanto accaduto alle ultime elezioni statunitensi). Per comprendere tutto questo abbiamo bisogno di pensiero nuovo, di una nuova filosofia della storia, di una nuova psicologia, di una pedagogia adeguata e anche di nuove normative.
Si pensi ai nuovi disturbi da connessione, a vere e proprie nuove patologie, come la “Internet Addiction Disorder”, alle notti insonni passate a da giovani e meno giovani, perennemente connessi alla “luce bianca”.
Proviamo a inserire l’atto di bullismo in questa cornice. Quello che prima era un avvenimento riconducibile alla relazione tra due o più persone, in un contesto specifico, muta profondamente pelle.
Pensiamo al tempo: sul web l’evento si può ripetere all’infinito. Ogni volta che un hater commenta o un video viene visto e/o condiviso
Pensiamo allo spazio: sul web quello che prima avveniva in un cortile, in una strada, in pochi minuti può essere visto e amplificato in tutto il mondo da migliaia di persone
Pensiamo ai corpi: una cosa è insultare, vessare qualcuno che ho di fronte, che mi guarda, un’altra è farlo davanti a una tastiera. Bella la citazione della scrittrice inglese Zadie Smith riportata nell’ultimo notiziario del Consiglio Regionale: “L’anonimato del web trasforma anche i deboli in carnefici. È quello che succedeva nell’antica Roma al Colosseo: una folla di persone anonime, frustrate, infierisce su chi è in difficoltà. La rete sta diventando un Colosseo globale”.
Tutto questo avviene in un momento storico che vede insieme, una generazione nata contestualmente a tutto questo, insieme a una generazione che subisce, più o meno consapevolmente, i cambiamenti. Abbiamo genitori e insegnanti a volte inconsapevoli, altre volte in difficoltà perché devono affrontare fenomeni educativi, di apprendimento, di crescita con caratteristiche di assoluta novità, su cui, molto spesso, si sentono impreparati e impotenti.
E’ in questo contesto che si inserisce la legge di cui discutiamo oggi. Molti si chiederanno: e che cosa può fare la Regione? Tanto, tantissimo.
Possiamo aiutare gli adulti a comprendere meglio quanto sta succedendo. Possiamo fornire loro gli strumenti per svolgere al meglio il loro ruolo educativo e formativo.
Possiamo aiutare i ragazzi ad aumentare la consapevolezza su quanto sta accadendo. Per quanto riguarda bullismo e cyberbullismo non dobbiamo dimenticarci che sia le vittime sia gli autori degli atti di violenza sono minori: entrambi hanno bisogno di un sostegno: gli uni per affrontare il dolore, la sofferenza, l’emarginazione; gli altri per non essere condannati a diventare adulti che sbagliano, ma, al contrario, perché dall’errore possano apprendere il disvalore di alcune azioni e crescere avendo in mente modelli alternativi, positivi, costruttivi. E non dobbiamo dimenticarci degli spettatori: assistere senza fare nulla ci rende corresponsabili.
Possiamo chiedere ai nostri sistemi di salute e di welfare di farsi carico di nuove forme di sofferenza che necessitano di nuove competenze e di luoghi idonei a tutto questo.
Bene, signor Presidente, con la legge che discutiamo oggi cerchiamo di fare tutto questo.
Lo diciamo chiaramente nell’articolo 1 nelle finalità dove si dice chiaramente, che, anche in accordo con altri enti, la Regione si attiva per:
- a) tutelare e valorizzare la crescita educativa, psicologica e sociale dei minori, proteggendo, in particolare, i soggetti più fragili;
- b) valorizzare il benessere tra pari;
- c) prevenire il rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza;
- d) supportare i soggetti che, a vario titolo, ricoprono un ruolo educativo con i minori.
con l’articolo 2 si entra nel merito delle azioni concrete. Con l’approvazione di questa legge la Regione si doterà di un piano triennale di azioni di prevenzione e contrasto. Questo significa che i tanti interventi che già oggi vengono messi in campo saranno inseriti all’interno di una progettualità ampia, con valori e cornici di riferimento chiare e discusse anche in consiglio per gli aspetti di indirizzo. Il piano triennale prevede molte tipologie di azioni: campagna di sensibilizzazione; sportelli di ascolto; corsi per insegnanti ed educatori; percorsi di responsabilizzazione per vittime e autori, supporto alle famiglie, corsi di formazione per l’uso consapevole di internet e dei social network.
l’articolo 3 prova a dare una risposta al tema delle nuove sofferenze e della necessità di nuovi percorsi terapeutici. Con esso la Regione dovrà dotarsi di centri specializzati sui disturbi derivanti da bullismo e cyberbullismo, sulla scia di quanto sta accadendo in altri luoghi d’Italia
l’articolo 4 disciplina il bando annuale che dovrà regolare i finanziamenti necessari alle azioni di cui all’articolo 2
l’articolo 5 istituisce un tavolo tecnico di cui potrà avvalersi la giunta per progettare azioni così complesse
l’articolo 6, che verrà modificato da un emendamento, disciplina le iniziative che la Regione intraprenderà in occasione della giornata contro il bullismo e il cyberbullismo
abbiamo poi la clausola valutativa e la norma finanziaria che prevede 200.000 euro all’anno per un totale di 600.000 euro nel prossimo triennio. Risorse che si vanno ad affiancare alle altre che già la Regione in questi anni ha investito nei molti progetti portati avanti dall’assessorato.
Concludo, sig. Presidente, ringraziando lei e la conferenza dei capigruppo, per aver calendarizzato oggi questa norma. Ci permette di tenere fede alla parola data a Paolo Picchio, di cui ho parlato all’inizio del mio intervento, al quale avevamo promesso che avremmo approvato la legge entro la fine del 2017 o al massimo nei primi mesi del 2018. E’ il segnale di una politica credibile, ma soprattutto è il segnale di un’istituzione che prende parte a quel testimone, che ci vede tutti impegnati nella costruzione di una comunità dove ragazzi e ragazze sanno crescere insieme nel rispetto gli uni degli altri, con adulti attenti e preparati nel difficile compito educativo che ogni epoca storica porta con sé.