«Una serata di raccoglimento e confronto sul valore di una corretta conoscenza reciproca nell’ambito della stessa società, quella italiana e novarese alla quale sentiamo di appartenere e di condividerne i valori» con queste parole il giovane presidente del centro culturale Al amal, Ahmed Ouda, ha aperto l’incontro cui ho partecipato ieri con la Senatrice Elena Ferrara, il Sindaco Andrea Ballarè, il parroco Don Carlo Bonasio, e Mohamed Abdelrahman, in rappresentanza dell’Unione comunità islamiche in Italia.
Nella giornata in cui Novara si è stretta intorno ai famigliari di Francesco Caldara, il nostro concittadino colpito a morte nell’attentato di Tunisi, questo incontro racconta di un Islam che lavora per la pace, per la comunità novarese tutta, in collaborazione con la vicina parrocchia. Un luogo in cui giovani e genitori ogni giorno vivono il dialogo tra culture. Hamed ha raccontato la storia di questa realtà che ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nel quartiere e con entusiasmo coinvolgere le famiglie raccogliendo una sfida importante, quella di superare paure, divisioni e chiusure per scoprire e inventare nuove forme e modi di convivenza.
Le parole di Naoures Silini sono la miglior risposta al fanatismo e all’intolleranza: «Il terrorismo non ha religione. Il terrorismo mi ha attaccato uccidendo un mio concittadino, attaccando il mio credo: solo uniti si sconfigge il terrorismo».
Una giovane musulmana ci ha ricordato che insieme si può. A San’Agabio, in uno dei quartieri in cui si incontrano tante storie e cultura, dobbiamo coltivare il seme della fratellanza. Tutti noi siamo dei migranti, in fondo tutti apparteniamo alla stessa terra. Io stesso dalla Basilicata sono arrivato a Novara non ancora adolescente: non è facile integrarsi, serve un impegno reciproco, servono spazi e percorsi che facilitino questi processi.
E’ terminata l’epoca delle nazioni, siamo nell’era planetaria, dove la terra è la casa di tutti gli esseri umani. Abbiamo il compito di riconoscere le cose che abbiamo in comune e di costruire quelle necessarie a una buona convivenza.
L’esperienza del centro culturale incontrato ieri è un buon passo in questa direzione, perché cerca l’integrazione con il quartiere, perché nasce da un’esperienza di accoglienza avvenuta in parrocchia negli anni scorsi e perché rafforza nella comunità mussulmana l’idea di una religione incompatibile con il terrorismo.