Ricordare Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Ricordare la strage di Capaci e tutte le altre tragedie di mafia. Ricordare i nomi dei morti di mafia. Ricordare il contesto di quegli anni e le conseguenze ancora attuali. E poi ricordare le parole dei figli di Borsellino che hanno dovuto convivere con quella tragedia.
Ricordare però non come gesto dovuto: questi ricordi, molto vivi e concreti, sono momenti importanti per chiunque creda nella democrazia e nella giustizia. Quasi come le lodi mattutine per un credente, ricordare la tragicità di questi eventi, leggendone e scrutandone la quotidianità, non serve solo a ricordare cosa è stata l’Italia negli ultimi decenni. Sono momenti fortemente spirituali che servono a ricordarci l’essenza di quello che dobbiamo fare per creare finalmente una società finalmente giusta e libera dalle mafie.
Ho volentieri accettato l’invito di Filippo Sansottera di partecipare a Trecate all’incontro sulla memoria di Paolo Borsellino. Con me c’erano tanti amici coi quali dal 2007 abbiamo dato testa e gambe a Libera. E tanti amministratori e politici che hanno condiviso questo intenso ricordo di Borsellino e degli uomini della scorta. Tante persone, insieme, come è giusto che sia: perchè è solo uniti che si battono le mafie.
Le mafie ci sono, esistono e sono radicate anche sui nostri territori, non dobbiamo mai dimenticarlo. Anche in quei momenti magari di calma in cui potremmo avere l’illusione che tutto sia bello e perfetto. È finito il tempo in cui vivevamo con lo stereotipo mentale per cui certe cose potevano succedere solo al sud. Oggi la mafia è in grado di replicare perfettamente anche qui al nord tutte le dinamiche e le relazioni delle zone a tradizionale presenza mafiosa. Lo si legge anche nel recentissimo rapporto sulle Mafie al nord: la pretesa diversità culturale tra il nord e il sud è morta. Per questo occorre innanzitutto capire e approfondire il fenomeno mafioso, per poi mettere in campo la nostra risposta. Che non può essere evidentemente solo giudiziaria ma deve essere innanzitutto culturale. Finchè non spezzeremo la malsana idea per cui la mafia è sexi e “piace”, non potremo mai sconfiggerla. E una società nuova la si costruisce partendo dai giovani; superando quello strano meccanismo di ammirazione verso i mafiosi e il loro mondo, prodotto anche da una certa narrazione della mafia che più che allontanare, affascina. Dobbiamo lanciare un progetto di società diverso, che parta da ciascuno di noi e da chi ha incarichi di responsabilità e di amministrazione. E per questo io e l’assessore regionale Augusto Ferrari abbiamo deciso di inviare copia di quel rapporto a tutti i sindaci novaresi. Conoscere è il primo passo per agire nella giusta direzione.
Ma anche la politica deve fare la sua parte: e lo può fare se sarà in grado di restituire alla gente quei diritti che invece la mafia offre come favori. Solo creando una società pienamente e compiutamente giusta si può pensare di vince la battaglia con le mafie. Non è una questione, solo, di legalità: la mafia si sconfigge con la giustizia.
Due sono i fronti sui quali non dobbiamo cedere: i giovani e la politica. E dobbiamo farlo anche come debito nei confronti di Paolo Borsellino e di tutte le vittime di mafia che si sono sacrificate solo perchè hanno fatto una scelta di campo netta e chiara. Quella di stare dalla parte della giustizia. Sempre.