Mi candido alla segreteria per rafforzare il legame con le comunità piemontesi mettendo in campo le migliori forze del Partito Democratico

Come sapete è in corso il congresso nazionale del Partito Democratico. Un congresso importante, costituente, che deve rilanciare il partito e metterlo nella condizione di essere forte e in salute, capace di interpretare bene il momento storico che stiamo vivendo, ma soprattutto di essere il soggetto capace di dare le risposte ai problemi che ogni giorno i cittadini vivono. Non tutti sanno, però, che insieme a quello nazionale si svolge anche il congresso regionale. Anche il Piemonte rinnova i suoi organismi, a partire dal segretario o segretaria regionale.

Per quanto riguarda il congresso nazionale io ho già detto che sosterrò Stefano Bonaccini, lo farò “da sinistra” insieme a tante e tanti compagni di viaggio (puoi leggere alcune riflessioni qui). Con tutti loro porteremo in dote le idee che secondo noi servono a cambiare in meglio il Partito Democratico insieme a una richiesta forte di rinnovamento.
Un rinnovamento che deve investire diversi aspetti, a partire dalle idee che devono essere più adatte a interpretare l’attuale momento storico e la classe dirigente che deve aprirsi ai territori e alla società. Ma questo rinnovamento passa anche dai comportamenti, dalla capacità di trasformare il congresso in un confronto di idee e di traiettorie politiche  e non in uno scontro tra persone, animato dall’umiltà di chi sa che non ha la verità in tasca e che serve il contributo di tutti e tutte. Anche perché dal giorno dopo dovremo necessariamente lavorare tutti insieme per  provare a raddrizzare le tante cose che ancora non vanno: a partire dalla lotta alle diseguaglianze, dalla crisi ecologica, che è ambientale e sociale insieme, dal lavoro e dalla sanità pubblica, solo per citare le cose più importanti.

Per farlo abbiamo bisogno del contributo di tutti. Penso in particolare alla lucida capacità di analisi di Gianni Cuperlo, allo sguardo sul mondo che ha Elly Schlein, insieme a un’energia nuova che mi auguro faciliti l’avvicinamento di persone nuove al partito.

Nessuno di noi può permettersi di ignorare che il passaggio che stiamo attraversando è molto stretto sia per la situazione internazionale sia per quella nazionale. Noi dobbiamo trovare il modo di interpretare la nuova fase che si è aperta dopo le crisi degli ultimi anni, da quella finanziaria del 2007 al Covid, che hanno rovesciato completamente le convinzioni e i modelli che ci guidavano fino a pochi anni fa: servono coraggio e forte senso di responsabilità per ridefinire l’identità del partito e portare un forte rinnovamento, senza rinnegare o buttare via tutto il passato. Perché è vero che ci sono stati errori, ma anche tanti aspetti positivi. Le culture e le storie politiche che hanno dato vita al Partito Democratico sono state quelle che hanno dato di più a questo Paese nel secolo scorso e hanno aiutato il popolo italiano a emanciparsi dalla povertà economica ed educativa, portando l’Italia a essere tra i fondatori dell’Unione Europea e a giocare un ruolo importante nel contesto mondiale. Il concetto di riferimento è quello dell’evoluzione e non quello della sostituzione. Qualche giorno fa ho scritto che abbiamo bisogno delle radici e delle ali. Dobbiamo essere all’altezza dell’eredità con un impegno capace di essere utile alle sfide del mondo di oggi.

Dobbiamo superare, però, l’illusione che una singola persona possa salvarci. Che sia una donna o un uomo al comando. La sfida per noi è quella di funzionare come  soggetto collettivo che di volta in volta individua una leadership e ne compensa le inevitabili mancanze con il contributo di una classe dirigente capace e responsabile.

Mi è tornata alla mente una frase di Che Guevara: “non esistono i liberatori. Sono solo i popoli che si liberano da sé”. Sarebbe bello tornare a crederci prima di tutto noi. E poi aiutare gli italiani a farlo. Non serve appoggiarsi all’uomo o alla donna forte di turno. In democrazia è un’illusione. I leader sono necessari, ma perché avvenga il cambiamento serve l’impegno di ciascuno di noi. Di un numero significativo di persone che si fa carico della fatica della partecipazione nel tempo.

Tutte queste cose valgono anche per il congresso regionale. Con una differenza: nel 2024 si svolgeranno le elezioni regionali. E questo significa che il tempo che ci separa da oggi al giorno delle elezioni sarà un tempo di campagna elettorale. Campagna elettorale importantissima, insieme a quella delle europee, durante il quale dobbiamo parlare ai cittadini piemontesi, uno per uno, in ogni singolo paese. Abbiamo bisogno di dedicare ogni nostra energia a rafforzare il Partito Democratico sui territori, rendendolo un luogo attrattivo anche per le nuove generazioni. Un Partito Democratico capace di dialogare con il terzo settore, i sindacati, le associazioni di categoria e di essere un riferimento per i cittadini.

Tutto questo ci mette nella condizione di separare il congresso regionale da quello nazionale. In questi giorni ho incontrato tanti militanti e tutti mi hanno detto che si aspettano che il livello regionale non sia necessariamente collegato al congresso nazionale. Che sono più interessati ad avere una squadra presente e al servizio dei territori. Una classe dirigente capace di lavorare insieme. Io condivido questo punto di vista e credo che abbiamo il dovere di cercare la collaborazione sempre.

Mi sono convinto che per facilitare questo processo sia arrivato il momento di dire con chiarezza che io mi candido alla segreteria regionale del Piemonte. In tanti mi hanno già assicurato nelle scorse settimane che saranno al mio fianco, al di là degli schieramenti nazionali.

lo faccio da uomo libero, che crede nel Partito Democratico e che la buona politica sia necessaria per risolvere i problemi di tutte quelle persone che fanno fatica. Senza buona politica non c’è coesione sociale né sviluppo. Lo faccio con il bagaglio di chi prima di impegnarsi nella politica attiva ha lavorato con gli adolescenti nel mondo della formazione, è stato un militante nell’ambito del volontariato legato all’antimafia, alle politiche giovanili e alla difesa dell’ambiente. Proprio grazie a quelle esperienze ho imparato che la buona politica serve per spostarsi dalla cura degli effetti all’eliminazione delle cause dei problemi. Come spostare l’attenzione dal cucire un vestito rotto a evitare che si strappi di nuovo. E perché ci sia una buona politica ci servono partiti in salute, a partire dal Partito Democratico. Ma tutte le organizzazioni funzionano quando su di esse arriva un investimento in termini di tempo, persone e anche risorse economiche. Non possiamo chiedere che la politica funzioni mentre la deleghiamo sempre ad altri. 

Mi candido avendo in mente le parole di Alexander Langer quando scriveva che abbiamo bisogno di “mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera”.

Mi candido con una proposta che verte attorno a delle sfide che secondo me dobbiamo affrontare:

  1. la speranza. Siamo un Paese rannicchiato, come ci racconta anche il CENSIS, in un’epoca che guarda al futuro con paura. Il problema di questi anni non è stato quello di essere stati al governo, ma di essere passati come i custodi dell’esistente. Noi dobbiamo diventare agenti di cambiamento, sentinelle del futuro. Il Partito Democratico deve essere il luogo dell’innovazione. E per farlo deve anche sapere rinnovare modalità di lavoro e liturgie.
  2. la partecipazione. Meno persone votano. Pochi si iscrivono ai partiti. Ma anche l’associazionismo è in crisi. Dobbiamo “esplorare le frontiere” per capire come fare per tornare a essere interlocutori di chi in questi anni non ci crede più. Servirà immaginazione, creatività e capacità di rottura dei vecchi schemi. Ma da qui dobbiamo passare.
  3. Un progetto chiaro e riconoscibile che si occupi dei problemi reali delle persone che in Piemonte si chiamano: liste d’attesa e impoverimento della sanità pubblica, record per il consumo di suolo, livelli di inquinamento altissimi, lavoro povero per troppe categorie, un trasporto pubblico locale inesistente soprattutto per chi abita nelle aree interne, un’assenza di programmazione e visione che rallenta anche la crescita economica. Tutte battaglie che in questi anni ho portato avanti in Consiglio Regionale insieme ai colleghi del gruppo consiliare.
  4. La valorizzazione dei territori. Torino è importante, ma il Partito Democratico regionale deve trovare il modo di valorizzare il lavoro prezioso e fondamentale dei tanti militanti e amministratori che lavorano in tutte le altre province piemontesi. Le politiche regionali vanno decise insieme: con Torino, Cuneo, Alessandria, Asti, Novara, Vercelli, Biella e il Verbano-Cusio-Ossola. Abbiamo un patrimonio prezioso costituito dai circoli e dalle segreterie provinciali con i quali il livello regionale deve avere un rapporto costante e anche di servizio per sostenere lo scambio di buone pratiche e lo sviluppo di progettualità innovative.
  5. Sfida generazionale. Non mi arrendo, anche per la mia storia, all’idea che i giovani siano pochi o non siano interessati a ciò che facciamo. Dipenderà anche dalle proposte che saremo capaci di fare e dalla testimonianza di adulti e gruppi dirigenti. Ricordate Pertini? “I giovani non hanno bisogno di sermoni. I giovani hanno bisogno di esempi di onestà, coerenza e altruismo”. Servono sfide grandi, sogni condivisi e la capacità organizzativa di offrire uno spazio di partecipazione che abbia un senso.

Io mi rivolgo a tutte e a tutti, al di là dei posizionamenti nazionali. Nelle prossime ore metterò a disposizione una bozza di documento, che mi auguro diventi un punto di partenza per l’elaborazione di un progetto condiviso. Proviamo a capire se c’è una condivisione del progetto, parziale o totale, e se ci sono le condizioni per fare un percorso comune. Io ci credo. Per me la priorità è il Piemonte. E, se sarò segretario unitario, sarò garante di tutte e tutti. Dobbiamo farlo sapendo che la priorità deve essere, in ogni caso, quella di parlare insieme a chi sta fuori dal partito, a chi si è allontanato o a chi si avvicina alla politica per la prima volta.
Il titolo del documento è “NELLE NOSTRE MANI… Il futuro è un luogo meraviglioso”. 

Il senso è semplice: ciò che succederà dipende anche da noi. La storia non è predeterminata a priori. E noi possiamo essere soggetti, protagonisti del cambiamento.

Possiamo guardare con disillusione a ciò che non va, oppure impegnarci, ogni giorno, fino allo stremo, perché, come Enrico Berlinguer, «Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi, può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La prova per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita». 

Grazie sin d’ora per il supporto che vorrete darmi, per i consigli, i suggerimenti e le critiche, perché no.
Avrò bisogno dell’aiuto di tutti voi.

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