Cerca
Close this search box.

Affrontare con urgenza la crisi ecologica: serve un cambio di passo della maggioranza e della Giunta.

Si è tenuto oggi il Consiglio regionale aperto finalizzato a aprire un confronto con tutti i soggetti interessati su misure e interventi concreti sullo stato di emergenza eco-climatica e raggiungere l’obiettivo dell’Ue della riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030.

“Il Consiglio aperto di oggi ha rappresentato una grande opportunità di ascolto e di apprendimento per i decisori politici regionali e spiace che una parte della maggioranza abbia ancora un approccio negazionista e relativista rispetto al problema. Occorre, invece, superare il livello della propaganda e agire di conseguenza” afferma il consigliere Regionale Domenico Rossi

“Nel corso della discussione è emerso con chiarezza – aggiunge il consigliere Dem – come l’emergenza non sia climatica, ma ecologica. La posta in gioco non è il rispetto dell’ambiente, ma la sopravvivenza della specie umana. Sono tante le cose da fare con urgenza, ma vanno inserite in una comprensione del fenomeno che deve partire dalla revisione del rapporto che abbiamo con l’ambiente circostante e con i nostri simili: non più contro, ma interdipendenti, come ci ha insegnato la pandemia. Ci si evolve e ci si salva solo insieme. Vale per l’ambiente, ma vale anche per la crisi sociale”.

Purtroppo però il Consiglio Regionale aperto ha registrato ancora una volta la più totale incoerenza della Giunta Cirio tra ciò che dice e ciò che fa. “Oggi discutiamo di emergenza ambientale e domani affronteremo una legge in materia urbanistica che apre ad un’edilizia selvaggia, con buona pace delle tante belle parole sul consumo del suolo. Oggi discutiamo di futuristici treni all’idrogeno e da domani torneremo a parlare, in Commissione Trasporti, di vecchie linee ferroviarie sospese. Siamo perfettamente al corrente e ce l’ha ripetuto più volte l’Assessore Gabusi, che la Giunta Cirio non ha previsto a bilancio nemmeno le risorse per garantire le linee oggi attive, altro che aprirne di nuove!” dichiara il Consigliere regionale del Partito Democratico Alberto Avetta. “Nel frattempo in Emilia Romagna l’età media dei treni è scesa a 1 anno e da noi resta vicina ai 20 anni. In queste condizioni come pensiamo di convincere i piemontesi a utilizzare il treno? Come pensiamo di convincerli a rispettare le regole di pianificazione urbanistica quando di fatto facciamo leggi di principio e poi, con la scusa della semplificazione, introduciamo deroghe edilizie anche per le zone alluvionabili? Tutto questo è davvero paradossale!” prosegue il rappresentante Dem.

“E’ giunto il tempo di un cambio di rotta radicale che metta al centro dell’azione della Regione la riduzione delle emissioni climalteranti, lo stop del consumo di suolo e la sua rigenerazione, la promozione di un passaggio all’economia circolare, la difesa della biodiversità e la lotta alle diseguaglianze” concludono Rossi e Avetta sottolineando che: “Le risorse del PNRR non devono essere utilizzate per svuotare i cassetti di vecchi progetti, ma aiutare il Piemonte ad essere all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. Analogamente è necessario rendere strutturale l’ascolto e la partecipazione dei cittadini e proprio su quest’ultimo aspetto il gruppo del PD presenterà una proposta di legge nei prossimi giorni ispirata al principio delle assemblee deliberanti.

ECCO UNO STRALCIO DEL MIO INTERVENTO IN AULA:

Il Consiglio aperto sull’emergenza climatica di oggi, 21 febbraio 2022, ha rappresentato una grande opportunità di ascolto e di apprendimento per i decisori politici regionali. 

Per questo, nel mio intervento, ho voluto ringraziare anche a nome di tutto il Gruppo del Partiti Democratico, tutti coloro che sono intervenuti a partire dai  militanti di Extinction Rebellion Torino, di Fridays for future e tutti gli altri che in meno di tre anni ci hanno letteralmente obbligati a fermarci per interrogarci sulla crisi più grande che abbiamo di fronte, che si intreccia profondamente con la pandemia Covid e che ha segnato profondamente le nostre vite negli ultimi due anni. 

Ho cercato di mettere a fuoco l’elemento di fondo di ciò che stiamo vivendo,.

La crisi non è climatica, non è sanitaria ma è ecologica. Il clima impazzito, così come la pandemia, sono sintomi diventati così grandi, così dolorosi che, semplicemente, non ci permettono più di rimandare o di non vedere. 

Ma che cosa vuole dire che la crisi è ecologica? Significa tante cose. Io vorrei cominciare a rispondere a questa domanda con una storia. La storia della “farfalla pane e burro” di Lews Carrol in “Alice nello Specchio” citata da Gregory Bateson:

“Eccola lì, che sta zampettando vicino ai tuoi piedi”, disse la Zanzara (Alice tirò indietro i piedi, un po’ allarmata) “la Farfalla-Pane-e-Burro. Le sue ali sono fettine sottilissime di pane spalmate col burro, il corpo è un pezzo di crosta e la testa è una zolletta di zucchero”.

“E di che cosa si nutre?”

“Di tè leggero con panna”.

Venne in mente ad Alice una difficoltà imprevista. “E se non lo trova?” chiese.

“Allora muore, naturalmente”.

“Ma è una cosa che le deve capitare spesso” osservò Alice, pensierosa.

“Le capita sempre” rispose la Zanzara.

Dopo di che, Alice restò zitta per un paio di minuti, soprappensiero…

La farfalla, possiamo commentare con Gregory Bateson, è morta di un doppio vincolo, dell’impossibilità di un adattamento contraddittorio. Se la farfalla dovesse trovare il cibo morirebbe, sciogliendosi in esso. Non le resta che non trovare cibo, e morire ugualmente. 

Noi oggi ci troviamo in una situazione di rischio elevato perché ci stiamo mettendo nelle stesse condizioni della farfalla pane e burro. 

I motivi per cui siamo arrivati fino a qui sono tanti, ma quello che sta alla base di tutto è che c’è un modo sbagliato di pensare, di interpretare il nostro ruolo nell’universo. Rivedere  i nostri comportamenti e le nostre scelte politiche senza mettere in discussione l’errore di fondo non servirebbe a nulla.

L’idea sbagliata è quella dell’uomo separato dall’ambiente che lo sfrutta e lo domina per i suoi fini. Un errore antico, ma legato in maniera particolare al pensiero dell’Occidente. Fino all’inizio del secolo scorso le retroazioni dell’ambiente sull’azione dell’uomo erano sufficienti a mantenere l’equilibrio e, cosa fondamentale, una certa flessibilità. Con la rivoluzione industriale, l’ascesa del capitalismo e la rivoluzione tecnologica, la capacità dell’uomo di incidere è aumentata esponenzialmente mentre diminuisce sempre di più la capacità dell’ambiente di ripristinare l’equilibrio e la flessibilità necessaria. La natura non riesce a ricreare ciò che viene distrutto, mentre prima la rigenerazione stava al passo. E’ per questo che paghiamo un prezzo altissimo in termini di biodiversità, ad esempio. Sono cose che qualcuno dice da decenni, inascoltato.

Nel 1972 ,ad esempio, usciva il rapporto I limiti dello sviluppo, commissionato al MIT dal Club di Roma, nel quale si dice che se il tasso di crescita di popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di cibo e sfruttamento delle risorse dovesse continuare a crescere in maniera inalterata, entro i cento anni (dal 1972) si raggiungerà il punto limite, che si tradurrà in un declino improvviso della popolazione e della capacità industriale, a causa della finitezza delle risorse. Viene indicata la linea dello “sviluppo sostenibile” come strada alternativa fondata sul concetto di limite e di risorse rinnovabili.

C’è poi tutto il pensiero di Edgar Morin che dagli anni ’70 in avanti ci ha messo in guardia dalle storture della nostra cultura. Assieme a Morin tanti hanno contribuito a costruire una visione di sistema che ha trovato una recente autorevole sintesi nella Laudato sii di Papa Francesco.

Quanto suolo riusciva a consumare l’uomo nel XIX secolo? Quali mezzi aveva a disposizione? Quanti eravamo? Quanto consumavamo? E via di seguito… Oggi la curva si è impennata su tutto. La flessibilità si sta esaurendo, insieme alle risorse e l’equilibrio sta saltando.

Questa è la questione su cui porre la massima attenzione: la separazione e la riduzione di flessibilità e, se non vogliamo finire come la farfalla, occorre agire con urgenza. Significa farlo nella stessa maniera con cui ci si muove di fronte a una pandemia o a una guerra, con la consapevolezza che ogni giorno che passa ci facciamo carico della responsabilità di un disastro in termini di sofferenze e morti. 

Noi oggi, invece, sappiamo che l’unità di sopravvivenza non è l’individuo o la specie, ma è l’organismo nell’ambiente, la relazione… si evolve un sistema. La pandemia lo ha svelato con chiarezza: siamo interdipendenti ed è un errore pensare di poter salvare solo una parte.

Attenzione! E’ in questo passaggio che si capisce perché la crisi ecologica è anche crisi sociale: perché l’errore di fondo è lo stesso (io contro gli altri) e gli esiti si assomigliano. 

Serve un cambiamento radicale. A partire dalle nostre premesse culturali. 

 Siamo nell’era planetaria. La Terra è una ed è la casa comune, la patria unica di tutti gli esseri umani. Le ultime scoperte scientifiche ci aiutano in questo. Il grande e il piccolo, il vicino e il lontano, il noi e il voi cambia nelle diverse epoche. Quel grande corpo immenso che era la terra sta diventando sempre di più un punto nell’universo. La stessa globalizzazione deve spingerci in questa direzione.

Ecco perché oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. Lo ha ben sintetizzato nell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco). 

Allora dobbiamo mettere in campo tutto quello che abbiamo ascoltato e che abbiamo riportato anche nelle mozioni che abbiamo proposto nella giornata di oggi. Ma occorre convertire le premesse con cui pensiamo e viviamo a partire da un punto fondamentale che è quello dell’Inter-dipendenza. Rivoluzionare il punto di vista: non esiste alcun percorso di crescita, salvezza che mi riguarda come individuo, gruppo o nazione. Esiste solo un percorso che preservi la relazione, il sistema, l’Inter dipendenza. Questo significa: fraternità prima di tutto tra gli esseri umani insieme a un cambio di atteggiamento verso il pianeta di cui siamo custodi e non dominatori.

Allora mettiamo in campo, insieme a tutte le azioni necessarie per:

  • contenere le emissioni
  • proteggere e rigenerare il suolo
  • difendere e promuovere la biodiversità
  • Tutelare il sistema dell’acqua
  • Convertire il sistema economico verso un modello circolare
  • Promuovere una maggiore equità sociale

Così anche come una maggiore partecipazione dei cittadini. Su questo, condividendo quanto emerso durante la giornata di oggi, il PD già da mesi sta lavorando a una proposta di legge ispirata al principio delle assemblee deliberanti che presenterà nei prossimi giorni. 

Sono legittime le obiezioni, soprattutto dei comuni cittadini, meno quelle di chi è chiamato a scelte politiche e amministrative: chi paga? quanto costa? Non lo reggiamo… Ma la verità è che non reggiamo nemmeno la strada imboccata fino ad ora: non esiste un costo zero. Dobbiamo solo spostare lo sguardo dall’individuo, dalla nostra specie al sistema e restituirgli più flessibilità possibile così che chi viene dopo di noi possa almeno avere l’opportunità di scelta che è stata data a ciascuno di noi.

Lo dobbiamo a questi ragazzi che hanno spinto molto per un consiglio aperto, a loro, ai nostri figli, ai tanti studenti che in questi giorni stanno scendendo in piazza, ma anche a tutti gli altri, ancora di più nei giorni in cui anche la nostra Costituzione non solo inserisce l’ambiente tra i suoi principi fondamentali, ma la responsabilità verso le generazioni future.

Cerca