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10 febbraio: Destra, memoria e fascismo

Leggo su La Stampa che lo storico Eric Gobetti è vittima di una campagna di odio sui social. Frasi come “brucia all’inferno”, “imbecille comunista”, “ci prenderemo la nostra vendetta”. Lo stesso studioso l’anno scorso, nel periodo pre-pandemia, era minacciato anche in presenza da gruppi di estrema destra ogni volta che veniva invitato a parlare in pubblico. E’ successo anche a Torino nel febbraio scorso. Quali sarebbero le sue colpe? Studiare e scrivere di foibe in un modo che non piace alla destra e ai neo-fascisti che, come al solito, reagiscono con violenza e intimidazioni. Gobetti (insieme a tanti suoi colleghi, in realtà) racconta alcuni fatti storici che infastidiscono l’estrema destra, che da anni cerca di strumentalizzare eventi tragici.

Le minacce a Gobetti non vanno derubricate a fatto minore di cronaca. La libertà di ricerca e la costruzione della memoria collettiva sono due aspetti fondamentali della democrazia.

Il giorno del ricordo, istituito nel 2004 dal Parlamento, per come lo interpreta la destra, porta con sé la battaglia mai conclusa su quale debba essere la memoria condivisa in questo paese, pilastro dell’identità collettiva. A qualcuno 25 aprile e 2 giugno (soprattutto il primo) non sono mai andati giù.
Le vittime si onorano a partire dalla ricerca della verità, che non coincide mai con la semplificazione e la strumentalizzazione.
Le vittime si onorano anche con la memoria (il ricordo è un atto personale…). La storia si studia, in tutta la sua complessità. E’ l’unico modo per tentare di evitare di ripetere i medesimi errori. Bene fanno le istituzioni a dedicare dei momenti pubblici affinché nel paese si radichi sempre di più il rifiuto dei soprusi e della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti. Bene anche parlarne nelle scuole con un approccio  scientifico, storico.

Diverso, invece, è il tentativo della destra, soprattutto quella estrema, vicina agli ambienti neo-fascisti: essa, insieme a Casa Pound e gruppi simili, prova a usare questa giornata per costruire una sua verità di comodo su vicende complesse forzando alcuni aspetti e minimizzandone altri. Si mette l’accento sulle violenze dei comunisti jugoslavi, sulle storie che riguardano donne e bambine, mentre tacciono sulle violenze compiute dai fascisti italiani nei confronti delle popolazioni slave negli anni precedenti o sulle collaborazioni dei fascisti con l’occupazione nazista degli ultimi anni della guerra. Uno di quelli sempre dimenticati dalla destra è che il clima di violenza e di “resa dei conti” presente in Europa alla fine della seconda guerra mondiale e, in particolare, nel nostro confine orientale, non nasce dal nulla o da una predisposizione alla violenza dei comunisti titini che avrebbero perseguitato gli italiani proprio in quanto italiani, ma si verifica in un contesto caratterizzato da violenze e atrocità prodotte da nazionalismi e fascismo. La storia della violenza di quei luoghi non comincia nel biennio 43’-45’, ma con l’occupazione italiana e le violenze fasciste. Prima dell’annessione all’Italia, dopo la prima guerra mondiale, le differenti etnie e popolazioni avevano sempre convissuto pacificamente in quel territorio di confine. E’ con l’arrivo degli italiani e soprattutto del regime fascista che parte un percorso di “italianizzazione forzata” per tutti gli abitanti del luogo: cambio di cognomi, divieto di parlare in lingua slava, privilegi nella pubblica amministrazione per gli italiani… atteggiamento che durante la seconda guerra mondiale si tradusse in persecuzione verso gli abitanti di origine slava. Un sistema repressivo che culmina con la Circolare 3C redatta dal generale Mario Roatta che prevedeva distruzione di interi villaggi, cattura di ostaggi e fucilazioni per rappresaglia. Cose che non mancarono e a cui occorre aggiungere la costruzione di tanti campi di internamento per chi non si sottometteva. Senza contare la collaborazione di bande fasciste (di italiani) che hanno collaborato con i nazisti tra il ‘43 e il ‘45 contribuendo all’uccisione e all’internamento di migliaia di jugoslavi e oppositori.
Questo è il contesto in cui avvengono le violenze dei partigiani titini e dell’esercito jugoslavo nei confronti degli italiani.

Tutto questo giustifica gli orrori che hanno dovuto subire cittadini inermi?
Assolutamente no.

E’ stato giusto, soprattutto nel dopoguerra, non parlare di quanto accaduto per ragioni di opportunità politica?
Assolutamente no.

Le violenze e le ingiustizie vanno sempre ricordate e condannate. Ma vanno anche studiate se vogliamo comprendere ciò che è accaduto e provare a trarne qualche insegnamentoRicordiamo quanto accaduto, onoriamo le vittime e i tanti che hanno dovuto patire sofferenze incredibili e abbandonare la loro terra.
Ma proprio per rispetto a quelle vittime non si trasformi questa giornata in un elemento strumentale della propaganda di estrema destra. Perché questo umilia ancora una volta le vittime, tanto più se la strumentalizzazione arriva da coloro che si richiamano idealmente a chi fu corresponsabile del clima di violenza e odio che infiammò l’Europa in quegli anni e che non esita, ancora oggi, a professare valori e slogan che ci riporterebbero dritti all’inferno.
Se l’estrema destra e i neo-fascisti attaccano uno storico con intimidazione e violenza, significa che siamo di fronte a delle teorie che mettono in crisi un disegno culturale e politico che va visto e contrastato. Qual è questo disegno? Due sono gli aspetti principali: rimozione delle responsabilità sui drammi del XX secolo e l’equiparazione storica tra fascismo e comunismo. Sulla rimozione delle responsabilità  il tentativo è il seguente: se tutti abbiamo fatto cose orribili da un lato possiamo sentirci meno in colpa per i morti della II guerra mondiale, per l’Olocausto, per la violenza gratuita, per la soppressione di ogni libertà, ecc…. Questo è un passaggio importante soprattutto in Italia, perché mentre i tedeschi hanno fatto i conti con le proprie responsabilità passate, noi no. Ho provato a dirlo un po’ meglio in questa intervista pubblicata l’anno scorso proprio in occasione del giorno del ricordo: https://bit.ly/3a2zwZR
L’altro tema, più politico e profondamente attuale, riguarda il tentativo di equiparazione sul piano storico tra fascismi e comunismo. La destra ci prova in tutta Europa, dal Parlamento Europeo ai Consigli Comunali. Chiaramente non esiste alcuna equiparazione possibile, anche se ai fascisti farebbe comodo. Basterebbe studiare la storia… ma per cominciare si può anche solo ascoltare il prof. Alessandro Barbero per pochi minuti.

L’uso distorto della memoria e l’intimidazione verso gli storici non allineati non onorano le vittime. Se la destra (vecchia e nuova) ha veramente a cuore la sofferenza di migliaia di persone smetta di strumentalizzare quanto accaduto e metta giù le mani dal giorno del ricordo. Riconosca che la nostra Repubblica affonda le sue radici nel movimento plurale di resistenza al nazifascismo. Non c’è ricordo di altri orrori che potrà cancellarlo.

 

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