Cerca
Close this search box.

Edilizia sanitaria: basta indugi è il tempo delle scelte per chi è al governo della Regione

Finalmente oggi in aula abbiamo potuto discutere di edilizia sanitaria. Dopo mesi di notizie apprese dai giornali siamo messi nella condizione di confrontarci su un tema fondamentale per i cittadini piemontesi e novaresi in particolare

Lo riteniamo un primo passo. Abbiamo rinnovato la richiesta, di poterci confrontare anche in commissione perché in quel contesto è più agevole il confronto ed è possibile un’interlocuzione che le dinamiche dell’aula, invece, non permettono.

Ci auguriamo che d’ora in poi di queste questioni si possa parlare nei luoghi deputati. Questo consiglio non è né un orpello né un ostacolo, ma il luogo dove siedono i rappresentanti dei cittadini.

In merito al tema dell’edilizia sanitaria è bene ricordare che non si parte da zero. La precedente legislatura approvò un vero e proprio piano regionale di edilizia sanitaria con la Deliberazione del Consiglio regionale 8 maggio 2018, n. 286 – 18810 che prevede (ad oggi è l’atto ufficiale vigente) la realizzazione di 5 nuove ospedali e un investimento pari a circa 1,5 miliardi di euro. Una delibera che portava a sintesi discussioni e dibattiti durati anni.

Una delibera con una doppia valenza. la prima di natura sanitaria: il Piemonte ha bisogno di strutture nuove ed efficienti per migliorare il livello qualitativo dei servizi offerti e per arginare il dato della mobilità passiva. -40 milioni di euro nel 2018 (-211 solo nei confronti della Lombardia).
La seconda di natura economica. Si tratta di un piano di investimenti della Pubblica Amministrazione che aiuterà, aiuterebbe anche la crescita economica di questa regione, che come sappiamo va sollecitata. Ora rallentare, modificare, bloccare tutto questo significa intervenire su questi due livelli di ragionamento, in un contesto che vede le regioni vicino alla nostra non certo stare ferme. Attenzione, presidente, perché questo assume una rilevanza politica considerato che il Piemonte sta chiedendo maggiore autonomia. Autonomia per fare che cosa? Speriamo non per stare fermi…

E’ legittimo che chi subentra ad altri si prenda del tempo per valutare le situazioni più delicate e le scelte assunte, ma è un tempo che deve avere un limite per evitare che ogni cambio di amministrazione o legislatura ci riporti al punto di partenza, trasformando così ogni progetto in una fatica di Sisifo. Questa dinamica non serve a nessuno.

Nel merito la decisione palesemente più ingiustificabile è quella relativa alla provincia del VCO. La scelta di abbandonare l’idea di ospedale unico baricentrico, che rappresentava un delicato equilibrio raggiunto in anni di concertazione con il territorio vede la contrarietà di gran parte della comunità del Vco: maggioranza dei sindaci, consiglieri comunali (anche della Lega, nonchè il segretario provinciale di Forza Italia) sindacati, associazioni di categoria e cittadini. Inoltre l’idea di mantenere i due ospedali invertendone la gerarchia (con il DEA di primo livello a Domodossola e con il Castelli declassato a ospedale di base) non regge:

  1. da un punto di vista normativo (è contro il DM 70 e il patto per la salute),
  2. della sicurezza per i cittadini e
  3. per la mancanza di sostenibilità economica
  4. per l’assenza di attrattività delle figure mediche necessarie

Non ci sono i numeri (basta guardare agli accessi del pronto soccorso o alle presenze turistiche a Verbania) oppure alla difficoltà di reperire personale medico-sanitario anche per ospedali più importanti e più facilmente raggiungibili.

Riguardo al progetto di Novara ci sono alcune cose che è bene riprendere in questa sede. E’ stato evidente, e chiaramente comunicata anche in commissione che la prima intenzione dell’assessore era quella di percorrere una strada alternativa dal punto di vista finanziario a quella del PPP. Un’intenzione che ha messo in difficoltà anche la maggioranza perché sappiamo che sia Cirio sia Canelli, invece, chiedevano di procedere con quanto deciso. Tanto che nella Giunta aperta del 13 settembre 2019, proprio a Novara, a gran voce viene ribadito che si procederà in tal senso, anche se poi la legge regionale è arrivata solamente poche settimane fa.

Noi, lo abbiamo detto più volte, non siamo dei tifosi del PPP in assoluto, ma riteniamo che per le due opere più vicine al traguardo dei bandi non abbia  alcun senso rimettere in discussione il tutto, riportando il processo all’inizio. In questa maniera gli ospedali nuovi non li faremo mai.

Ma andiamo con ordine.

Confrontare le diverse modalità di finanziamento prendendo come termine di confronto solamente il tasso di interesse è scorretto, tecnicamente, ma anche nei confronti di chi legge o ascolta senza essere del mestiere. Per dirla con un’immagine semplice non si possono paragonare le mele con le pere. Ci sono diversi elementi da valutare: strade percorribili vs non-percorribili, i tempi di partenza, i tempi di realizzazione, i costi di mantenimento, i rischi costruttivi, ecc… E’ troppo facile, ma anche scorretto, confrontare tasso di interesse con tasso di remunerazione, mettendo a confronto, magari (come in questo caso) da un lato un PEF dettagliato, vagliato, ufficiale e più volte approvato e dall’altro un “si dice”.

Le due strade alternative ipotizzate si sono rivelate non percorribili: una, quella dell’indebitamento, in maniera assoluta. Il Piemonte è simile a una persona a cui viene negato un mutuo in banca non per assenza di reddito, ma perché quel reddito è già impiegato per pagare altre rate. Quello dell’INAIL, almeno nella sua formulazione iniziale (avanzi della prima programmazione triennale), non più percorribile. Forse lo ridiventera nella prossima programmazione, ma che in questo momento non c’è.

Ora. su questo c’è da fare alcune precisazioni. La prima: il ruolo del PPP in Italia. Si tratta di uno strumento previsto dal nostro ordinamento, regolato anche dall’ANAC che ha permesso al nostro paese di continuare a mettere in campo investimenti pubblici anche in un contesto di forte debito pubblico. Ci sono diversi studi e analisi che offrono dati interessanti. Mi limiterò a riportare quanto indicato nel quaderno n.15 di Analisi del Senato della Repubblica (Maggio 2018) da titolo: “I Comuni Italiani e il Partenariato Pubblico Privato”.

In un’epoca di scarse risorse, il partenariato pubblico-privato rappresenta, per i governi locali, un’importante opzione di approvvigionamento per finanziare, costruire, rinnovare o sfruttare un’infrastruttura o la fornitura di un servizio.

Il mercato del PPP in Italia è passato da poco più di 300 bandi nel 2002 agli oltre 3.000 del 2016, ha mosso negli ultimi 15 anni una mole di risorse di oltre 88 miliardi di euro (il 22,1% del valore delle gare per opere pubbliche bandite nello stesso periodo) e rappresenta oggi una delle principali fonti cui le amministrazioni comunali ricorrono per finanziare la realizzazione di nuove infrastrutture e la fornitura di servizi ai loro abitanti.
Se prendiamo come riferimento il 2016 il PPP è stato utilizzato per il 66,7% degli importi delle gare indette dai Comuni (p. 23).
Tutti i comuni sopra i 20.000 abitanti vi hanno fatto ricorso almeno una volta tra il 2002 e il 2016.

Non siamo di fronte a una modalità residuale di finanziamento, quindi, ma allo strumento più adottato negli ultimi anni per soddisfare il fabbisogno di investimenti pubblici. In un contesto che vede il nostro paese e la nostra regione con un forte debito pubblico e la contrazione del credito, anche nei confronti degli enti locali. Guardate questo è un dato importante e strutturale perché uno dei motivi per cui l’Italia fa fatica a crescere è proprio la scarsa quantità di risorse pubbliche destinate agli investimenti (2,1% nel 2016 vs 2,9% del 1999). La contrazione di investimenti che c’è stata tra il 2008 e il 2016 è stata compensata dall’aumento dei consumi privati e dall’aumento delle esportazioni. Ma questo paese non può stare in piedi senza investimenti. Questo paese e questa regione.

L’idea INAIL… Per fortuna, negli ultimi anni, ha deciso di investire parte del suo patrimonio nell’edilizia pubblica. Dovete sapere, però, che nel piano triennale ultimo approvato l’ente ha investito 900 milioni all’anno (i 2,7 miliardi di cui ha parlato l’assessore). Questo dato ci dimostra come sia evidente che non possiamo delegare a INAIL la risposta a tutto il fabbisogno di edilizia sanitaria in Italia, ma solo in parte, per ora minima. Cosa che condividiamo tanto che nella precedente call di INAIL il Piemonte (con Giunta Chiamparino) ha già proposto due opere: Verbania e il nuovo ospedale dell’ASL TO5. Che sono state accettate tanto che nelle opere indicate dal Presidente del Consiglio con il DPCM del presidente Conte del 24 dicembre 2018 sono presenti. Badate bene, non si tratta di stanziamenti, ma di “suggerimenti” verso INAIL che poi dovrà analizzare progetto per progetto. Ad oggi non mi risultano piani finanziari  o progetti per i due progetti. E’ una strada che richiede tempo.

Ora (l’ho evidenziato anche per i colleghi del M5S) non si può continuare a mettere in discussione uno strumento che ha avuto una forte valenza anticiclica in Italia in base al falso ragionamento di chi lo confronta con un finanziamento. Siete al governo da quasi due anni. Potete proporre una modifica del codice degli appalti o la copertura statale di tutto il fabbisogno di edilizia sanitaria. Con l’ultima finanziaria che ha coraggiosamente aumentato di 2 miliardi i fondi per l’edilizia sanitaria al Piemonte arriveranno poco più di 150 milioni di euro. Ma sapete anche voi che non si può e che in alcuni casi il PPP è utile: si tratta di controllare il processo, evitare di ripetere alcuni errori fatti in passato e di garantire le condizioni migliori.  Tanto che a Torino, dove governate la città, non mi pare ci siano prese di posizioni analoghe contro il PEF del Parco della Salute.

Serve un approccio a tastiera. Dobbiamo usare tutti i tasti a disposizione con oculatezza ed equilibrio. Noi, ad esempio, crediamo di tenere per Torino e Novara il ppp e giocare l’inail per i due ospedali già indicati e per quelli nuovi che verranno.

Per quanto riguarda il principio del buon padre di famiglia vale per tutti non solo per Novara. Non vale solo quando c’è da votare. Siamo cmq responsabili del denaro pubblico. Perché se il Parco della Salute va sotto altri non prenderanno quei soldi… vedi Molinette negli ultimi anni. Eppure nessuno si scandalizza.

Il protocollo con CDP ci sta bene se ci fa risparmiare anche se introduce un nuovo soggetto. MA non può essere l’alibi per spostare più in là decisione. E’ evidente che non possiamo votare prima della fase I, lettera A del protocollo sottoscritto (leggere).

Non si capisce, però, come mai sia solo l’opera di Novara a dover essere controllata. Già Torino ha avuto il finanziamento senza richiesta di legge! Eppure l’impostazione del modello finanziario è la stessa: 30% finanziamento pubblico e 70% dal privato. Perché il M5S non contesta e chiede la revisione anche per Torino?

E’ il tempo di scegliere assessore… Perché questa doveva e può essere ancora è la legislatura del territorio, dei servizi domiciliari, della non-autosufficienza. Non indugiamo nella revisione di quanto già deciso. Impieghiamo il nostro tempo per integrare il piano della rete ospedaliera per i territori non presenti nell’attuale delibera (Alessandria, Canavese), ma soprattutto per lavorare a un nuovo piano socio-sanitario, che metta la Regione Piemonte nella condizione di rispondere ai nuovi fabbisogni di salute.

Cerca