Allarme riscaldamento globale: rivoluzione ecologica non più rinviabile

In questi giorni è stato reso pubblico il rapporto speciale sul clima delle Nazioni Unite, Global Warming of 1.5 °C, che lancia un grido di allarme  sul riscaldamento globale evidenziando che i prossimi 12 anni (sì 12, non 120) saranno decisivi per evitare un aumento medio della temperatura superiore a 1,5°C, ritenuti la soglia di sicurezza per ridurre i rischi di un aumento fino a 2°C (leggi l’articolo qui). Mezzo grado soltanto farà la differenza per milioni di persone scongiurando siccità e inondazioni, per la salvaguardia degli ecosistemi marini e non solo.
La scienza suona la sveglia, non ascoltarla avrebbe conseguenze drammatiche: è necessario un cambiamento di paradigma fondato su un nuovo rapporto tra uomo e natura, sul concetto di limite delle risorse e su un nuovo modello economico/produttivo che da lineare deve diventare circolare. Urge una eco-politica dal livello locale a quello planetario. Spetta, infatti, al settore pubblico e ai cittadini stimolare gli investimenti nel campo della bioeconomia in un’ottica di riconnessione tra economia, ambiente e società e dell’economia circolare: è necessario rendere più attrattivo il territorio per l’investimento dei privati, facilitando la rete tra ricerca e industria, così come è fondamentale accompagnare la crescita culturale necessaria allo sviluppo di questi nuovi paradigmi.
Non c’è tempo da perdere, coniugare crescita e futuro è una priorità a livello globale: la scienza ci dice che si può contenere il riscaldamento globale, tocca alla politica mettere in campo strumenti e norme necessarie per raggiungere l’obiettivo. Una responsabilità che chiunque si occupi di res publica deve fare propria.

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