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Considerazioni, a caldo, sui risultati elettorali del 4 marzo

  1. La crisi della sinistra e della tradizione socialista si è manifestata pienamente anche in Italia dopo che di fatto il partito socialista è stato ridotto al lumicino in tutta Europa. Manca la capacità di dare risposte al desiderio delle persone di aumentare il proprio benessere, di stare meglio: non lo fa con proposte ritenute più moderate, ma nemmeno seassume posizioni più radicali e massimaliste. Non riesce a rappresentare un percorso storico di emancipazione per le persone. Certo, sarebbe opportuno approfondire che cosa sia questo “meglio” oggi per la maggior parte delle persone, ma non è questo il luogo per tale analisi.
  2. I risultati del voto sono chiari. Gli elettori ci dicono di vedere questi percorsi di emancipazione nelle proposte del M5S, vincitori nelle regioni del sud, o in quelle della destra a trazione leghista, egemone al nord, per un Paese che appare spaccato a metà nelle scelte politiche così come in molti altri ambiti. Personalmente interpreto il voto al M5S soprattutto come una risposta alla sfiducia nei confronti di una classe dirigente. Si tratta di un voto fortemente anti-establishment dove non contano chi sono i candidati e nemmeno le capacità dimostrate o meno sul campo, ma prevale soltanto la volontà di cambiare pagina:  è un voto di sentimenti e di pancia. Quello alla Lega sovranista, invece, è un voto che identifica la soluzione ai problemi nella chiusura egoistica e nell’esclusione dell’Altro: in particolare immigrati ed Euro. Resta il problema (serio) della mancanza di un soggetto e di un progetto politico che tenga insieme l’Italia.
  3. Il PD raggiunge il risultato peggiore dalla sua fondazione, dopo che pochi anni fa aveva raggiunto il fatidico 40%. Oggi, a livello nazionale, non ha nemmeno i voti che aveva il solo PDS negli anni ‘90. Questo assume contorni ancora più gravi se pensiamo che in nome dei risultati ottenuti ieri non c’è stata alcuna esitazione nel portare avanti una scissione della nostra comunità, che mai come oggi avrebbe bisogno di stare insieme. Ma un piatto rotto resta tale. Siamo di fronte certamente al fallimento, senza attenuanti, della leadership di Matteo Renzi, ma anche di quella classe dirigente che lo ha sostenuto senza mai intravedere le criticità esistenti.
  4. Il PD e più in generale il centro-sinistra hanno l’occasione che ogni sconfitta o fallimento porta con sé: pensarsi “come nuovi” e ripartire. Quando non hai posizioni di rendita da difendere puoi permetterti di osare di più ed essere più autentico. L’ideale sarebbe farlo almeno con un respiro europeo chiedendosi quali siano le proposte di futuro da proporre, come coniugare crescita economica, uguaglianza e inclusione sociale, ma soprattutto interrogandosi su come tornare a “incarnare” le idee che propone, come portare le persone a fidarsi di una comunità e di una classe dirigente, a partire dalla ricchezza generosa che sui territori esiste già. Una fiducia che è preliminare alla condivisione di un’idea o un progetto, soprattutto quando quest’ultimo non propone soddisfazioni immediate a bisogni personali o soluzioni semplici a problemi complessi.
  5. Nel Nord e nel centro resta una base forte dalla quale ripartire. Si tratta di una base che abita soprattutto in città e si riconosce nella classe media; una base che deve trovare la capacità di tornare a parlare e a condividere percorsi con chi sta peggio. Nel Sud è indispensabile un radicale cambiamento della classe dirigente oltre che affrontare in maniera prioritaria il tema della disoccupazione giovanile.
  6. Bisogna capire che cosa resterà di tutto questo quando tra qualche anno si tornerà a votare con molti dei problemi irrisolti e con molte promesse tradite, questa volta non dal centro-sinistra. L’elettorato è sempre meno legato in maniera identitaria a una formazione politica e aumenta il numero delle persone che decide di volta in volta che cosa fare in base a valutazioni che riguardano i bisogni personali nel breve periodo.
  7. Per cambiare (in meglio) lo stato delle cose servirà un percorso lungo, non privo di fatiche.
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