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Il presente inciampa sulla memoria a Meina

IMG_2139.JPG Quesa mattina ho partecipato alla posa delle “pietre di inciampo” dell’artista Gunter Demnig a Meina, in ricordo dell’eccidio dell’Hotel Meina. Nel mio intervento, in rappresentanza del Consiglio Regionale del Piemonte, ho ringraziato il comune di Meina e l’Istituto Storico Della Resistenza di Novara per il lavoro che da anni portano avanti su questo tema. Li ho ringraziati perché abbiamo bisogno di tutto questo, di questo inciampo. Perché come ci ha ricordato oggi Gianni Cerutti, direttore dell’ISRN, o la memoria serve a strutturare il presente e a progettare il futuro oppure è solamente nostalgia poco interessante. Sulla scia di questo pensiero ho proposto ai presenti una piccola riflessione.

Spesso ci chiediamo quanti tedeschi fossero a conoscenza di quello che stava accadendo in Germania relativamente allo sterminio degli ebrei. E’ una domanda che ci siamo fatti perché in fondo avevamo bisogno di tranquillizzarci immaginando che l’Olocausto fosse accaduto solo perché nessuno sapeva, perché sappiamo che sapere significa essere “corresponsabili”. Oggi sappiamo che non è così: molti sapevamo. Tra questi molti erano d’accordo, altri indifferenti, pochi si opposero. Quanto è attuale oggi, questo ricordo. Quanto è distante dalla II guerra mondiale, quanto invece è vicino al nostro presente.
E noi? Cosa sappiamo? Quanti di noi sanno? Di quello che sta accadendo tutti i giorni vicino e lontano da noi. Sappiamo, tutti sappiamo… questo sapere ci dà una responsabilità enorme. Che facciamo?

“Come muore un bambino asfissiato dentro un Tir?” si chiedeva ieri Norma Rangeri su Il Manifesto. Oppure come annega potremmo chiederci. Oppure come muore uno schiavo che lavora nei nostri campi nel 2015, in Piemonte… “Dovremmo ingaggiare una guerra di resistenza, che ci coinvolge tutti: l’assuefazione alle stragi quotidiane dei migranti”.
 E si, l’assuefazione. Ne possiamo fare esperienza tutti noi quotidianamente. Basta fare un giro sui social, ascoltare la gente al bar. Cosa è successo nei nostri paesi perché arrivassimo a ignorare così profondamente quello che stiamo ricordando oggi? Questo dobbiamo avere il coraggio di dircelo.
Perché abbiamo istituzioni del nostro Paese (perché sindaci ed europarlamentari questo sono) che arrivano a dire che “Se e quando arriveranno dei clandestini dalle mie parti metterò il filo spinato carico di energia elettrica intorno al perimetro del territorio del mio Comune per non farli entrare. Esattamente come si fa con i cinghiali, filo spinato con l’energia elettrica”. E cosa ancora più grave, migliaia di cittadini non si indignano per questo, ma sostengono e votano queste persone. Significa che questa visione del mondo e della storia coincide con un pezzo di ethos del popolo. E questo credo sia pericoloso.
Perché oggi quando i prefetti chiedono ai sindaci ospitalità la maggior parte non si offre volontariamente per ospitare i profughi. Qualcuno perché crede sia giusto, altri perché temono che sia “impopolare”.
Perché credo che una delle questioni semplici, al fondo di quello che stiamo facendo qui oggi, sia la capacità di sentire la sofferenza dell’altro come fosse la nostra… e questo, nonostante il XX secolo, sembriamo averlo dimenticato.
Allora oggi facciamo bene a ricordare tutto questo se contestualmente cominciamo la resistenza contro l’assuefazione al fatto che alcune categorie di persone possano subire qualsiasi cosa, fino a morire atrocemente, e che contro questo non possiamo fare nulla.

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