Cerca
Close this search box.

Varato il riordino rete ospedaliera

A stethoscope over a electrocardiogram close up.Mercoledì scorso è stato approvata in Giunta la delibera che adegua la rete ospedaliera piemontese agli standard previsti dalla legge nazionale (la legge 135/2012 e il Patto per la salute 2014/2016). Nella stessa sono indicate le linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale ospedaliera e per la gestione dei posti letto. Con il nuovo modello di rete ospedaliera la Giunta intende consentire al servizio sanitario piemontese di riacquistare quel ruolo di eccellenza a livello nazionale che ricopriva fino a non molto tempo fa e di investire 400 milioni in edilizia, tecnologie, assistenza territoriale e domiciliare, prevenzione.

Dal punto di vista dell’organizzazione degli ospedali si prevede la suddivisione degli ospedali esistenti in quattro tipologie di ospedale tenendo conto di tre elementi: il bacino di utenza , il tempo di percorrenza per raggiungere le strutture e di dati relativi ai volumi di attività. Le tipologie previste sono:

  1. HUB (o DEA di secondo livello)
  2. SPOKE ( o DEA di primo livelli)
  3. Ospedale di base con pronto soccorso
  4. Ospedale di base in territorio svantaggiato

In base alla classificazione si procederà alla organizzazione delle specialità ospedaliere tenendo conto dei parametri indicati nel Regolamento attuativo del Patto per la Salute.

Si tratta di un atto non più derogabile, per esigenze normative, ma soprattutto perché occorre mettere ordine nella sanità piemontese che per troppo tempo è stata governata da irrazionalità, senza attenzione al rapporto tra entrate e uscite e con troppa attenzione ai campanilismi che nulla hanno da spartire con la doverosa attenzione alle specificità dei territori.

Le scelte fatte negli anni precedenti hanno portato la Regione in una situazione non più sostenibile tanto che il Ministero delle finanze ha imposto un piano di rientro sulla situazione debitoria che limita in maniera sostanziale le scelte amministrative. Un piano di rientro che chiede una maggiore efficienza del sistema dalla quale scaturirà anche maggiore efficacia, che tradotto significa più salute. Una situazione che si evince anche dal dato della mobilità passiva verso le altre Regioni che ci costa circa 23 milioni di euro all’anno. Si tratta del denaro che il Piemonte deve versare alle Regioni limitrofe per le prestazioni erogate in strutture sanitarie ai cittadini piemontesi che decidono di andare a curarsi oltreconfine. Una sanità meglio organizzata e più efficiente aiuterà a contenere questa migrazione perché dovrà portare un servizio migliore ai cittadini.

Questo atto si inserisce all’interno di un percorso che ha già visto alcune azioni e che ne prevede delle altre. La Regione ha già preso alcune decisione quali l’organizzazione della spesa per quadranti e la scelta di gestire tramite bando la fornitura di pannoloni. Dovrà, nei prossimi anni, attuare la riorganizzazione sia entrando nel merito delle singole specialità presenti in ogni ospedale sia nel rendere reale e operativa l’organizzazione della nuova medicina di territorio.

Da parte mia ho dichiarato in più occasioni la necessità di una riforma della sanità piemontese, ma nello stesso tempo la necessità di gestire il processo di attuazione della delibera dichiarando ex-ante criteri e modalità di scelta, al fine di garantire equità sui diversi territori. Solamente così si potrà gestire un processo di cambiamento che incontrerà certamente situazioni di opposizione come accade ogni volta che ci si accinge a cambiare una situazione esistente che garantisce alcuni equilibri costruiti in anni. Da questo punto di vista la delibera prevede che «l’allocazione definitiva delle discipline non connesse all’Emergenza Urgenza è demandata alla Direzione Sanità, su proposta del Direttore Generale dell’ASL, in relazione alla disponibilità di spazi idonei, in funzione degli investimenti strutturali effettuati e della necessità di valorizzare il ruolo dei Presidi Ospedalieri di Base. Tali Presidi svolgono infatti un ruolo fondamentale a salvaguardia del territorio, per dare un’efficace risposta alla domanda di salute, in particolare nelle zone a bassa densità abitativa».

Secondo le previsioni dell’assessorato, l’intera operazione porterà alla Regione Piemonte un risparmio di circa 400 milioni in tre anni. Gli obiettivi dell’intera operazione sono stati sintetizzati dal Presidente Chiamparino nella conferenza stampa durante il quale è stato presentato il piano: “Gli obiettivi che intendiamo raggiungere sono diversi: riqualificare la spesa sanitaria riducendo gli sprechi che in questi anni hanno abbassato la qualità del sistema sanitario piemontese; tornare ad assumere medici ed infermieri; investire i 400 milioni che si risparmieranno nei prossimi tre anni in edilizia sanitaria, magari con modalità innovative che consentano di chiudere i cantieri in pochi anni, nelle tecnologie più avanzate, nel rafforzamento dell’assistenza territoriale e domiciliare e della prevenzione. Era indispensabile – ha sottolineato – tornare a programmare l’offerta sanitaria pubblica e privata come in questa Regione non si faceva da troppo tempo”. Il tutto mettendo al centro salute e sicurezza dei cittadini.

L’operazione è stata presentata a Roma giovedì 20 novembre durante un incontro del cosiddetto “Tavolo Massicci”, dove, dopo tanti anni, è stato riconosciuto al Piemonte un cambiamento di rotta che, con ogni probabilità, permetterà di uscire prima dal piano di rientro consentendo di poter tornare ad assumere personale.

Per quanto riguarda il nostro territorio – il nord-est del Piemonte – la riorganizzazione prevede l’AOU “Maggiore della Carità” di Novara come HUB di quadrante (per Novara, Vercelli, Biella e VCO), gli ospedali di Borgomanero, Biella, Vercelli e Domodossola/Verbania come spoke (DEA di primo livello) e Borgosesia e Domodossola/Verbania come Ospedali di territorio. Omegna, invece sarà centro di riabilitazione. Su Verbania e Domodossola l’assessorato deciderà entro la fine del 2015: in ogni caso uno dei due ospedali sarà uno spoke e l’altro un ospedale di base con sede di pronto soccorso.

La situazione appena descritta rende ancora più necessaria la realizzazione del nuovo ospedale di Novara. L’HUB rappresenta il livello massimo di specializzazione possibile presente sul territorio di quadrante e deve, pertanto, assicurare gli spazi e le tecnologie più adeguate alla cura e alla sicurezza dei cittadini. Anche su questo fronte continua l’impegno di tutti noi: il presidente Chiamparino ne ha parlato anche durante l’incontro con gli amministratori avvenuto venerdì della settimana scorsa, ribadendo la volontà di portare avanti il progetto, che in questo momento è bloccato perché il ministero non ha ancora nominato il nucleo di valutazione che dovrà valutare il progetto dal punto di vista della sostenibilità finanziaria.

Cerca